Postato da: Sebastiano domenica 11 Aprile 2021 alle ore 17:02:29

I tuoi occhi scossi da note frenetiche, Play Bach. Lampi.
Frequenze mie sul tuo respiro mentre laghi antichi emergono in ondate
e continua lo swing dei tuoi capelli matti gettati al vento sospeso,
poi furente come un morso acceso.
Divampa il tuo corpo nella sua libertà
nessuno potrà mai imprigionarti,
si arrampica il mio respiro antico,
nasce da note di basso potenti,
sale, sorge con la tua onda.
Insieme in un altro luogo,
Insieme oltre la linea di confine,
Insieme siamo irriconoscibili,
Insieme siamo Metafisica
,
Il sole in picchiata nel mare,
della luna lacerata sotto le lenzuola possiamo raccontare,
di tendini accesi da un balzo improvviso,
delle convulsioni vitali,
dei vortici delle sirene che hanno perso la voce
tra urla rabbiose di piacere e non cercano riparo.
Noi possiamo raccontare.

Le pause quiete di un adagio rubano il tempo all’immediato
È l’anticipazione della nostra rovinosa caduta nell’oceano universale.
No. Non la teniamo.
Perché conosciamo tutto di chi ci ha generato.
Play Bach.

Edoardo Laudisi – Play Bach (Einschlag!)

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Postato da: Sebastiano lunedì 27 Gennaio 2014 alle ore 02:10:46

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Postato in Amore, Cuor Malato, Dispotismo, Poesie, Vita | Commenti disabilitati su Protetto: Majakovskij è il Genio.
Postato da: Sebastiano mercoledì 24 Luglio 2013 alle ore 20:47:52

Se la bellezza è il minimo comun denominatore,
allora io sono un numero indivisibile.

Morgan

Postato in Cuor Malato, Dispotismo, Poesie | Commenti disabilitati su Quando si muore, si muore soli
Postato da: Sebastiano mercoledì 16 Febbraio 2011 alle ore 22:22:04

Vento esanime, piange alla tua vista
mentre noi due balliamo in un universo di normalità apparente.
Taci mentre il clavicembalo continua a suonare in quell’ambiente,
un sapore di neve, di sangue imperversa nelle mie vene,
insieme al colore nero, morte e distruzione regnano “emisfericamente
la tua mente e il mio corpo. Non c’è corrispondenza.
Io potrei odiarti come potrei non amarti.
Ogni lacrima che versa il vento, tu riesci a farla diventare sangue rappreso.
Hai un potere oscuro, conosci la tua vita, conosci la mia vita, in parte.
Non sei di proprietà del clavicembalo, sei proprietà del balletto.
Apparentemente un tango, ma cantato.
Ho paura della tua nobile veste.
Ti versi un cucchiaio di acqua di rose,
intingi il tuo dito e porti sulla mia bocca.
Mentre la musa Tersicore si appresta a farti ballare in un movimento liscio,
ben definito, io mi verso negli occhi dell’assenzio.
Sai come sfidarmi, ma io non mi lascerò abbindolare dal tuo fascino.
Cogli il tuo fazzoletto caduto in basso, forse sarà l’ultima cosa che
riuscirà a fare il tuo povero corpo, ma quando io prenderò il sopravvento nel tuo cervello, ogni tuo meandro e ogni tua vena sarà mia.
Ogni goccia di sangue, ogni tuo difetto, ogni tua sensazione sarà mia.
Fammi vivere l’incubo di essere te. Non vorrei essere nei panni del vento.
Povero vento. Dagli un’altra possibilità per vivere, non farlo piangere.
Ti prego. Aumenta i passi, aumenta la voglia.
Un’esplosione e poi il sangue cola veloce dal tuo occhio fino al tuo braccio.
Che Tersicore possa farti capire con il tango ciò che vale la pena vivere.
Il vuoto imperversa nella tua stanza.  Il vento piangerà ancora di più.

Postato in Dispotismo, Escrescenze sociali, Poesie | Commenti disabilitati su Vento esanime: Sradicare l’immenso infinito
Postato da: Sebastiano sabato 22 Gennaio 2011 alle ore 20:05:13
Eufficialmentfin
non ci sono speranze, non ci sono più giorni
per aspettarti, non ti potrò più guardare negli occhi.
Emozioni, poche alla volta sento librarsi in aria,
qualcosa che mai avevo sentito prima,
un sentimento chiamato forse amore, scemano
lentamente, come un grido di un giovincello indifeso.
Riesco a scorgerti alla fine di un tunnel, arrabbiato.
Piangerei fino all’ultima goccia, se riuscissi.
Inadatto in questo dolore acuto che pare quasi essere
volontario, in un emisfero di vigliaccheria, tristezza, sangue.
Un rinoceronte vaga in un terreno artico, è spaesato,
rinuncia ad ogni pur di arrivare alla sua meta, la libertà.
Le sue ferite si stanno lacerando, e ormai è morto.
E ogni volta quel pianoforte ritorna a suonare.
Quando smetterà di sonare quelle note così acute,
ho mal di orecchie. Il mio cuore trabocca di dolore,
Il mio sangue è contaminato. Putridi ragni si aggirano
dentro il mio cuore, e godono.
Come un fiore che vuole sbocciare, io voglio gridare,
voglio gridare al mondo quelle parole dall’eziologia astratta.
A cosa servono se non a farti del male?
La mia pelle sta andando a fuoco, il mio cervello sta andando in malora.
Dammi un assaggio del tuo affetto, come un fiume straripato,
inondami della tua unica voglia di essere amato.
Fammi udire ogni nota acuta senza quel disturbo assillante della mia coscienza,
Rendimi tuo, è tutto quello che voglio.

E’ ufficialmente finita,
non ci sono speranze, non ci sono più giorni
per aspettarti, non ti potrò più guardare negli occhi.
Emozioni, poco alla volta sento librarsi in aria,
qualcosa che mai avevo sentito prima,
un sentimento chiamato forse amore,  scema
lentamente, come un grido di un giovincello indifeso.
Riesco a scorgerti alla fine di un tunnel, arrabbiato.
Piangerei fino all’ultima goccia, se riuscissi.
Inadatto in questo dolore acuto che pare quasi essere
volontario, in un emisfero di vigliaccheria, tristezza, sangue.
Un rinoceronte vaga in un terreno artico, è spaesato,
rinuncia ad ogni pur di arrivare alla sua meta, la libertà.
Le sue ferite si stanno lacerando, e ormai sta per morire.
E ogni volta quel pianoforte ritorna a suonare.
Quando smetterà di sonare quelle note così acute,
ho mal di orecchie. Il mio cuore trabocca di dolore,
Il mio sangue è contaminato. Putridi ragni si aggirano
dentro il mio cuore, e godono.
Come un fiore che vuole sbocciare, io voglio gridare,
voglio gridare al mondo quelle parole dall’eziologia astratta.
A cosa servono se non a farti del male?
La mia pelle sta andando a fuoco, il mio cervello sta andando in malora.
Dammi un assaggio del tuo affetto, come un fiume straripato, inondami della tua unica voglia di essere amato.
Fammi udire ogni nota acuta senza quel disturbo assillante della mia coscienza,
Rendimi tuo, è tutto quello che voglio.

Postato in Amore, Cuor Malato, Escrescenze sociali, Poesie | Commenti disabilitati su Lacrime stridule, Possessività del pianoforte
Postato da: Sebastiano mercoledì 22 Dicembre 2010 alle ore 22:02:22
Droga, come un bicchiere di liquore,
come un bacio, come una carezza sul tuo volto.
Io ti imploro di starmi vicino, in questo momento,
ma tu sai che tra noi tutto è finito; niente e nessuno
può mai ricomporre quel fantastico oggetto di vetro infranto.
Non può mai provare neanche ad azzardarsi ad avvicinarsi,
per potersi ricomporre, perchè il suo destino è ormai legato
alla più totale decomposizione morale e fisica.
Non sente, non piange, è inerte ad ogni stimolo di forzatura
psichica, ma dentro di se ha la voglia di strappare una lacrima.
Come fare allora? Aspettare, aspettare per essere in un futuro
qualcosa che tutti ammireranno. Ma dietro quell’incanto,
quella felicità apparente, una tagliente ferita è ancora aperta,
come una nota sbagliata, forse stonata o forse è solo un’intrusa
in quella frase.
Quella cavolo di ferita si riapre ogni volta che si ricorda,
si rimembrano voci, sentimenti, appagati da un leggero sospiro
forse non di sollievo, ma di felicità mista a dolore.
Batti forte sul tuo pianoforte, altrimenti non riuscirai mai
a esprimere ciò che realmente intendevi esprimere.
Sono rimasto folgorato da qualsiasi tuo atteggiamento,
e ora non riesco più a farne a meno, mi manca,
forse, sono davvero un drogato.
Il solo pensiero che tu stia bene mi fa sognare.

Droga, come un bicchiere di liquore,
come un bacio, come una carezza sul tuo volto.
Io ti imploro di starmi vicino, in questo momento,
ma tu sai che tra noi tutto è finito; niente e nessuno
può mai ricomporre quel fantastico oggetto di vetro infranto.
Non può mai provare neanche ad azzardarsi ad avvicinarsi,
per potersi ricomporre, perchè il suo destino è ormai legato
alla più totale decomposizione morale e fisica.
Non sente, non piange, è inerte ad ogni stimolo di forzatura
psichica, ma dentro di se ha la voglia di strappare una lacrima.
Come fare allora? Aspettare, aspettare per essere in un futuro
qualcosa che tutti ammireranno. Ma dietro quell’incanto,
quella felicità apparente, una tagliente ferita è ancora aperta,
come una nota sbagliata, forse stonata o forse è solo un’intrusa
in quella frase.
Quella cavolo di ferita si riapre ogni volta che si ricorda,
si rimembrano voci, sentimenti, appagati da un leggero sospiro
forse non di sollievo, ma di felicità mista a dolore.
Batti forte sul tuo pianoforte, altrimenti non riuscirai mai
a esprimere ciò che realmente intendevi esprimere.
Sono rimasto folgorato da qualsiasi tuo atteggiamento,
e ora non riesco più a farne a meno, mi manca,
forse, sono davvero un drogato.
Il solo pensiero che tu stia bene mi fa assopire,
dopo un brutto incubo.

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